| RECENSIONE
Gli Avengers sono in missione dal primo secondo di film. Recuperare lo scettro di Loki dalle mani del Barone von Strucker è vitale per impedirgli di continuare a condurre i suoi folli esperimenti. Il Forte di Bard di Aosta (al quale il film rende un ottimo e meritato servizio) è il quartier generale nemico che la storia ambienta nella fittizia nazione di Sokovia. In questa sorta di prologo, lo scettro viene recuperato dai nostri eroi che scoprono (a loro scapito) l'esistenza dei gemelli Pietro e Wanda Maximoff, alias Quicksilver e Scarlet Witch. Se nel primo film, metà del tempo era dedicato alla nascita di un team di individui con superpoteri con tutti gli assestamenti necessari per poter collaborare insieme, in questo sequel la sequenza d'apertura comunica direttamente al pubblico che ormai l'intesa e l'affiatamento sono solidi e inossidabili, almeno fino alla scena del party e dell'esilarante martello di Thor da sollevare. Nuovi personaggi e nuove situazioni, dunque, in un contesto creato da Iron Man.
Tony Stark, in una (provocata dalla Maximoff) visione delle proprie paure, vede se stesso responsabile per non aver fatto abbastanza, in un ipotetico scenario di morte dei suoi compagni. Svegliare il progetto dormiente chiamato Ultron è quello step che gli manca, per sopperire alle sue angosce nei confronti di un mondo non sufficientemente protetto. Il potere dello scettro potrebbe implementare quell’intelligenza artificiale che gestita dal fidato J.A.R.V.I.S. potrebbe essere la garanzia difesa definitiva. La fretta però gli gioca un brutto scherzo e Ultron diventa una coscienza artificiale che non trova una differenza tra la pace del mondo e la sua distruzione. Tanto James Spader nella versione originale quanto Stefano Alessandroni in quella italiana, fanno un impressionante lavoro di doppiaggio riuscendo a raccogliere e restituire tutto il carisma che Joss Whedon ha donato a questo personaggio nel copione. Parlando di carisma, non è certamente da meno Visione, supereroe anch'egli le cui circostanze di ingresso nella storia è meglio lasciarle scoprire durante la visione del film, appunto.
Tornando al bilanciamento operato da Whedon, è ammirabile anche in questo caso quanto ognuno dei personaggi abbia una significativa scena madre sia in battaglia sia dialogata, sempre inserita nel flusso narrativo generale. C'è una chiara volontà di mettere in evidenza coloro che non hanno film propri come Occhio di Falco e Vedova Nera, allargando i subplot che li riguardano, e anche l'ultima inquadratura del film lascia intendere che nel futuro sapremo di più di Falcon, Scarlet Witch e Quicksilver. Certo, ad un maggior numero di personaggi coinvolti corrisponde un maggior numero di eventi da produrre nella storia per mantenere gli equilibri. Le sequenze d'azione crescono di conseguenza e, se l'implicito obiettivo è quello di superare se stessi, anche il fragore rischia di essere controproducente. Alcuni spettatori potrebbero uscire dalla sala più intontiti di altri, ma non c'è dubbio che la varietà di contenuti possa essere apprezzata anche da chi non ha familiarità con i fumetti. Per i fan invece, e in rispetto del materiale di origine, Whedon dirige pensando come un fumettista rallentando le immagini più concitate per pochissimi istanti, perché è nella vignetta che risiede il potere della Marvel.
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