| in una lunga intervista su Deadline, il presidente degli studios fa finalmente chiarezza su come sia nata l’idea di Spider-Man: Homecoming e sul rapporto tra Sony-Marvel: «Ha avuto tutto origine durante un pranzo tra me e Amy Pascal della Sony, seguito da numerose altre telefonate e riunioni, nelle quali ho sostanzialmente suggerito che la Sony ci permettesse di produrre e condurre a livello creativo il film per loro. Non so quanto fosse seria la questione del “tempo che stava passando”. Su certi personaggi, sappiamo che era così, ma con Spider-Man c’erano stati molti anni tra un film e l’altro e la Sony non ha mai corso il rischio di perdere i diritti. Avevano tutto il tempo del mondo per continuare a fare quei film. Ma divenne una questione di principio… diciamo che noi non siamo bravi ad aiutare. Ci limitiamo a dare occasionalmente dei suggerimenti o a fare dei commenti durante una proiezione o su uno script. Io l’ho fatto diverse volte per il primo film di Amazing Spider-Man. E non funziona perché diventi una voce tra tante, questa è la verità».
Così un bel giorno Feige ha preso le redini della situazione: «Così le dissi che l’unico modo, il migliore in assoluto, nel quale potevamo aiutarli era di realizzare il film per loro: il personaggio sarebbe rimasto della Sony, che avrebbe finanziato il film e tratto profitti da esso. La promozione verrà curata dalla Sony, e il team Sony si occuperà della distribuzione. Questo è stato l’accordo che abbiamo fatto dopo molte discussioni. Fortunatamente, è passato più di un anno. Il primo passo di questo piano composto da due passi si trova al cinema in questo momento. Finora, la risposta del pubblico alla presentazione del personaggio è stata un sogno divenuto realtà! Invece che sembrare il terzo reboot di Spider-Man, viene percepito come la prima versione di Spider-Man all’interno dell’Universo Cinematografico Marvel. Il merito è di Amy Pascal e di Tom Rothman, ora alla guida della Sony, che hanno spinto affinché questo accordo si facesse: il loro supporto è stato straordinario».
E la scelta di Tom Holland nei panni del giovane arrampicamuri? «La sfida più grande è stata trovare Spider-Man. Il nostro scopo era che fosse giovane, perché nei fumetti che preferiamo tutti lo è. Non è un laureando, sta iniziando il liceo. È piccolo. Questo lo rende interessante come supereroe, in particolare nell’Universo Cinematografico Marvel, perché lo rende completamente diverso dagli altri supereroi. Quindi volevamo che fosse una incredibile controparte per i Vendicatori, cosa che peraltro era nei fumetti. La sua presenza in Civil War è concepita proprio come una controparte. Gli altri eroi hanno una lunga storia tra loro alle spalle, hanno molta rabbia, problemi geopolitici da gestire, un peso sulle spalle. Questo ragazzino invece pensa di aver fatto bingo». L’uomo più famoso al mondo, Tony Stark, gli ha chiesto di andare in Germania e partecipare a una missione degli Avengers, e vuole godersi ogni minuto. È divertente. È ciò che è Spider-Man, e andremo avanti in questa direzione in Homecoming. Lo avete visto anche nei fumetti: parla costantemente. In Civil War si scontra con Falcon e questo a un certo punto gli dice: “Non so se hai mai combattuto prima, ma di solito non si parla così tanto”. Questo è lo Spider-Man che ci piace. E Tom Holland, Dio lo benedica, è così anche nella vita vera. È un attore così giovane e straordinario. Quando ha partecipato all’audizione, e si è ritrovato in una stanza con Robert Downey Jr., vi giuro che la dinamica che volevamo che ci fosse tra Tony Stark e Peter Parker è quella che abbiamo ritrovato tra Tom e Robert».
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